ESSENZA

SENSAZIONI

Quando abbiamo iniziato a disegnare, nel 2013, non riuscivamo a capire esattamente cosa stessimo facendo o volessimo fare. Qualche settimana dopo, entrambi abbiamo avuto un’intuizione chiara, inequivocabile: avremmo fatto qualcosa d’importante.

Qualche anno dopo, nel 2020, eravamo finalmente davanti alla struttura definitiva: si concludeva un ciclo o cominciava una nuova era? Fatto sta che avevamo tra le mani l’opera compiuta: stavamo guardando e toccando icona zéro. Avevamo creato un capolavoro, perfetto da qualunque angolazione lo guardassimo.

Numeri diventati materia, e la forma diventata oggetto di una bellezza indicibile, che tornava a sorprendere la mente. Ciò che avevamo di fronte negava ogni impulso razionale, lo stesso da cui aveva avuto origine.

Nella nostra vita professionale c’è un prima e un dopo. Prima avevamo clienti importanti, una reputazione buona ma che non avremmo mai chiamato notorietà. Da quando abbiamo creato questo tavolo, qualcosa è cambiato. È tutto di più, in un mondo che ci sembra nuovo. In continua evoluzione.

CONNESSIONI

Siamo designer dal gusto sofisticato, ma in fondo due persone normali e soprattutto razionali…
Se penso alle coincidenze che hanno accompagnato il progetto, la realizzazione e la storia di questo tavolo, mi pongo molte domande. Mi sento assediato da uno sciame di dubbi che mi sforzo di tenere compressi in un mix di istinto, percezione, arditi collegamenti e ostinato raziocinio.
Non so.

RACCONTI

Due designer che lavorano in un angolo di mondo tra le montagne svizzere hanno realizzato qualcosa di speciale: un tavolo che qualcuno ha definito come la più recente “icona del Design”.
La notizia vola, la curiosità la fa lievitare. C’è chi parla di una storia fatta di strane coincidenze, di un sogno misterioso. Bisogna capire per sapere: mi viene commissionata un’intervista. Parto per incontrarli, con un’irrefrenabile curiosità e una buona scorta di scetticismo: una concomitanza fortuita può “rendere” molto se la chiami premonizione, e due professionisti immersi nella tranquillità delle montagne svizzere devono aver avuto abbastanza tempo per inventarsi una favoletta redditizia.
Alle tre del pomeriggio arrivo in un luogo silenzioso e ordinato, assolutamente rispondente alle caratteristiche del Paese in cui mi trovo, davanti a due persone dai modi accoglienti e misurati, che non lasciano presagire niente di straordinario.
Mi invitano a entrare nel loro showroom. Cedo il passo a un vicino, passato a salutare. Il tavolo non è in vista: me lo aspettavo. La stanza “segreta” in cui sarebbe nascosto fa parte dei racconti strampalati che ho sentito.

I due mi chiedono di seguirli in un locale che dà sul retro. Tutto come previsto.
La parte pensante, razionale e un po’ cinica, del mio io si stacca dal resto che sono e, senza nemmeno aspettare che lo sguardo intercetti le sembianze di un tavolo – qualunque esso sia –, se ne esce con una domanda secca: “Quanto costa?”.
“Prima di sapere se TU puoi comprarlo col portafogli, NOI dobbiamo sapere se puoi averlo col cuore”. La risposta mi stende. Nascondo la ferita dietro a una sonora risata.
Poi lo vedo. Non so descriverlo a parole, e qualunque foto non potrebbe restituirmi quello che ho visto. Ricordo solo una fulminea considerazione che si è depositata nella mia mente come un masso spinto a valle da una frana: la sincronia tra ciò che pensiamo e ciò che conosciamo può davvero trasformarsi nel valore delle cose che produciamo. La corrispondenza geometrica e una serie di rapporti numerici hanno potuto trasformarsi in un risultato tangibile così perfetto grazie all’univoca intuizione di due designer.

In sottofondo, come eco lontana, sento uno dei due spiegare che non esiste un listino, ma ci sono versioni in tiratura limitata già molto apprezzate dal mercato. La seconda voce precisa che l’opera è il pezzo forte di location super-lusso sparse tra l’Europa e gli Stati Uniti. Dice che sono previste riedizioni a catalogo, ma ovviamente non per tutti.
Scosso da un impeto d’incontrollabile gelosia per qualcosa che temo di non riuscire a possedere, li provoco: “Ne venderete tanti…”.
“Potevamo venderne davvero tanti: il tavolo piace molto e ultimamente si fa un gran parlare di icona zéro nel nostro ambiente… il che aiuta. Ma abbiamo fatto una scelta che va contro ogni sensata politica commerciale. Da quando abbiamo lanciato questo tavolo, qualcosa è cambiato: abbiamo incontrato persone straordinarie che mai avremmo immaginato di conoscere. È come se fosse il destino a portarle qui. Vedono il tavolo e lo comprano. Per la casa, per l’ufficio. Per loro. È come se riconoscessero qualcosa che stavano cercando senza più riuscire a lasciarlo dove sta. Inconsapevolmente, questi clienti diventano il miglior canale pubblicitario. È così che vendiamo. E sempre di più”.

“Vendete anche online, immagino…”.
“Le fotografie sono online, ma icona zéro non è acquistabile dal sito. La Rete serve a stabilire il contatto: il tavolo si fa ammirare e noi, che lo abbiamo costruito, sappiamo come farci trovare. Vogliamo che le persone possano vedere e toccare ciò che compreranno, se lo faranno. Vogliamo conoscere le loro storie, scoprire in che modo sono arrivate fino a noi, sapere perché vorrebbero questo tavolo e non un altro”.
“È così che riconoscete chi ha il cuore per comprarlo?”.
“Vedo che cominci a capire. Hai già imparato la nostra lingua”.
È suggestione, non può essere altro, ma da quando ho varcato quella soglia qualcosa è cambiato in ciò che credevo reale.
Non importa chi io sia perché potrei essere chiunque.

VIBRAZIONI

Vedi le immagini, ascolti i suoni, percepisci profumi e sensazioni. La scienza ti dice che sono numeri, tutto è numero, e per questo esiste.
Ma i numeri sono infiniti e nel non-finito riconosci l’illusione dello spazio e del tempo, dove tutto torna possibile. Anche lo spirito, che non è ragione.